C’è qualcosa di strano nel calcio femminile e nel suo modo di mantenersi in vita, è come se gli mancasse dell’ossigeno e cercasse, per forza, ogni volta, un appiglio. Non mi riferisco alle mancate attenzioni delle federazioni nei confronti del calcio in rosa, e nemmeno alle televisioni che preferiscono addirittura le vicende private dei calciatori alle qualificazioni mondiali 2015 dell’Italia femminile (eh si, perché per chi non lo sapesse, la nostra nazionale sta per giocarsi la qualificazione a Canada 2015!).
Mi riferisco piuttosto ad un atteggiamento interno alle squadre italiane, ad una prassi diffusa che certo non aiuta il calcio femminile ad avere una propria autonomia, a diventare una realtà libera e indipendente: le amichevoli con le squadre maschili.
Diranno alcuni che il calcio femminile non potrà essere autonomo finché le giocatrici non diventeranno vere e proprie professioniste (e questo, s’intende, non per demerito delle ragazze che, quanto a impegno e a passione, sono più professioniste di molti altri colleghi maschi), o finché le federazioni non investiranno più soldi nel movimento; tutto questo è vero, ma è ancora una volta un discorso esterno.
Continuare a fare le amichevoli con squadre maschili (spesso di età volutamente inferiore) non aiuta di certo il calcio femminile ad emanciparsi e ad essere maggiormente considerato. Perché, non neghiamocelo, in Italia ancora in molti pensano che il calcio sia uno sport per uomini, ancora in molti sogghignano di fronte ad una partita tra donne.
Uomini e donne sono fisicamente e potenzialmente diversi, questa è una verità oggettiva. Sviluppano in modo diverso i muscoli del corpo e perciò hanno prestazioni differenti. Non si è mai vista una gara dei cento metri in cui gareggino 3 uomini e 3 donne: si sa che gli uomini corrono più veloci! Eppure mai nessuno ha detto che le donne siano lente.
Anche nel calcio gli uomini hanno caratteristiche diverse, maggiore velocità, maggiore potenza nei tiri da fuori.. eppure qualcuno dice ancora che le donne sono “scarse”.
Perché paragonare i due mondi, se uomini e donne sono diversi e quindi giocano in modi diversi?
Continuare a fare amichevoli con squadre maschili non fa che mettere in luce queste differenze e dar modo agli scettici di dire: non c’è paragone tra maschi e femmine!
Si, è vero, non c’è paragone, ma il paragone non lo si deve nemmeno fare!
Questa prassi diventa ancora più autolesionista quando le amichevoli vengono organizzate con squadre maschili di livello giovanile (come l’amichevole tra Brescia Calcio femminile, vincitrice dello scudetto 2013/2014, e allievi della Feralpi Salò, persa dalle Leonesse per 4 a 0); questo permette, sempre agli stessi scettici, di dire che non solo tra maschi e femmine non c’è paragone, ma che le femmine non riescono a stare al passo nemmeno dei ragazzini.
Se la necessità è quella di confrontarsi con squadre più forti, da parte loro le società di calcio femminile (e parlo soprattutto per quelle di serie A) dovrebbero uscire dai confini italiani ed entrare maggiormente nella sfera internazionale, organizzare amichevoli con squadre europee e abbandonare la cattiva abitudine di sfidare squadre maschili; la federazione, da parte sua, potrebbe finanziare almeno le trasferte amichevoli delle nostre squadre in Champions League per dar loro modo di una maggiore crescita e visibilità, anche al di fuori del nostro campionato.
Perché, in fondo, l’unico confronto utile da fare è con quei paesi in cui le calciatrici hanno fatto della propria passione, la loro professione.
Alice Zangrandi