Il calcio femminile è nelle giuste mani?
- Walter Pettinati
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E’ la domanda con la quale ho chiuso l’approfondimento dedicato alle due squadre di serie A, Chievo Verona Valpo e Atalanta Mozzanica, che non si sono potute iscrivere al campionato di serie A in quanto abbandonate al loro destino dai rispettivi Club professionistici maschili.
Niente di nuovo penserete voi, le società professionistiche se non vedono ricavi all’orizzonte sono capaci di chiudere un’attività senza rimorsi, non sono gestiti da persone mosse dalla passione per lo sport ma solo dall’avida ricerca dell’utile, necessario per mandare avanti ogni iniziativa.
Quello che più mi ha sorpreso è stato il comportamento impassibile della FIGC che, sembra, non si sia degnata nemmeno di un colpo di telefono alle varie presidenze.
FIGC che è forte del successo riscontrato con gli apparentamenti dei Club professionisti e per il risultato riscontrato dalla Nazionale. Strategia giustissima per dare stabilità e maggiore visibilità al torneo e allo sviluppo del calcio femminile.
Non ho capito l’esclusione dei dirigenti arrivati con le squadre dilettantistiche. La più grossa da accettare, che ha sorpreso tutti noi, è stata la mancata riconferma dei dirigenti dell’ Inter Milano, società all’avanguardia nei settori giovanili e vincitrice a mani alte del campionato di serie B. Forse perché i quadri alti dei Club li considerano dilettanti… e si sono affidati ai professionisti… dell’AIC?
A tal riguardo però, arriva puntuale, come il cacio sui maccheroni, il report della FIGC il quale mette in risalto, a loro dire, una situazione che fa ben sperare ma allo stesso tempo denuncia uno stabile sistema debitorio del calcio professionistico. (Saranno anche professionisti, ma i loro interessi li sapranno fare?)
Potreste dirmi… ma sono soldi loro, ci potranno fare quel che vogliono? Eh no… perché questi grandi club ricevono proventi pubblici dal CONI ma i “soci” che partecipano economicamente alla loro attività non hanno parola in capitolo. E lo stesso CONI che eroga questi soldoni pubblici non può intervenire con la Federazione che ha potere decisionale anche sulle leggi emanate dal nostro Parlamento.
Ma la mia riflessione si sposta su di un altro tema, che ritengo più importante. Prendiamo le due realtà del calcio e visualizziamoli in due schermi virtuali paralleli:
- da una parte il calcio maschile, quello dei simulatori, dei corrotti, della VAR interpreta i regolamenti, di quella parte di tifoserie verbalmente violente che apprezzano solo il risultato e che pensa di partecipare al gioco con le offese razziste e di altra natura. Di quel calcio che permette l’accesso ai mafiosi e agli spacciatori di morte. Di quel calcio malato, che punta ad aumentare gli abbonamenti pay tv tra le persone perbene indotte a starsene a casa, che da adesso chiamerò degli “sleali”;
- dall’altra parte il calcio femminile, quello dei “valori”, della schiettezza, della lealtà, del fair play, dei terzi e quarti tempi, del meraviglioso pubblico di mille colori che sventola la propria fede e applaude le avversarie. Quella visto al Mondiale, che noi conosciamo molto bene, con le squadre che si danno battaglia anche con agonismo ma che accettano in silenzio anche le più ridicole decisioni arbitrali e che alla fine abbracciano la ragazza sconfitta che piange?
Voi pensate che il calcio creato dagli “sleali” possa gestire il calcio dei “valori”?
Ecco perchè mi chiedo e vi chiedo: siamo sicuri che questi professionisti che nel tempo hanno creato un mostro siano in grado di gestire questa isola felice, utopica per il maschile, che si sono comprati anche con i nostri soldi?
E questo il futuro che vogliamo per il nostro movimento?
Già, si finisce sempre a parlare di soldi, che non danno la felicità ma che sono capaci di lasciare una grande amarezza a chi non ne ha abbastanza per portare avanti con etica le loro attività.
E visto che i “professionisti” spendono così male le loro risorse, perché non investono sulle persone che sono state capaci di creare quel paradiso terrestre chiamato calcio femminile? ... magari potrebbero contagiare quel calcio malato e bisognoso di cure?
Dulcis in fundo i sindacati sportivi…
Avete letto qualche loro intervento a tutela di quelle atlete facenti parte delle società costrette a chiudere?
Eppure le forze sociali, quando chiude un’azienda, intervengono per tutelare i diritti dei dipendenti e avanzano trattative con lo Stato.. qui invece se ne fregano?
Forse perché anche loro puntano sui grandi Club prof?
Forse perché sono parte del consiglio della DCF della FIGC?
Oppure perché le componenti federali, con l’AIC in prima fila, hanno già stato deciso di portare il campionato di serie A a 10 squadre per aumentare la competitività e non hanno più bisogno di quelle società dilettantistiche che non possono garantire un’organizzazione professionistica?
Vedremo se la folle idea di un Torneo a 10, semi professionistico, prenderà vita nei prossimi anni oppure se prevarrà la scetticismo portato avanti da quella corrente di presidenti convinta che un torneo a 10 squadre sarebbe poco vendibile. Sta di fatto che le squadre dilettantistiche, dai campionati FIGC, sono destinate a sparire.
Mi fermo qui, dei sindacati sportivi e delle atlete ne parleremo con il prossimo articolo.
Come sempre, ci tengo a sapere le vostre considerazione, in attesa, devo completare un articolo sull’ingiustizie che devono sopportare le cicliste e i ciclisti Elite ai quali, viene trattenuta dal loro sindacato, a loro insaputa, la percentuale del 3% dei premi vinti nelle gare. Articolo che potrete leggere nel tardo pomeriggio su www.cicliste.eu
Un abbraccio a tutti o quasi, alla prossima,
Walter Pettinati