I Club prof si avventano sul calcio donne: peccato che manchino le calciatrici
- Giancarlo Padovan
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Dopo decenni di abbandono, pregiudizi sessisti, ironie diffuse e sottosviluppo istituzionale, molti stanno scoprendo il calcio femminile. Non ancora il grande pubblico (allo spareggio tra Juventus e Brescia c’erano meno di quattromila persone, la partita ne valeva almeno il doppio se fosse stata promossa secondo i criteri di marketing e comunicazione), ma certamente quella parte di dirigenza privata che, ispirandosi tardivamente alle grandi realtà europee di Germania e Francia, ha capito che il calcio delle donne può essere anche un piccolo-grande affare.
Così, inaugurata dalla Fiorentina, che ha vinto lo scudetto l’anno scorso, è partita la caccia al titolo sportivo della serie A. In parte per affiancare, in parte per sostituire società dilettantistiche che, pur avendo fatto la storia del calcio femminile in Italia, non sono più in grado di andare avanti con le proprie forze.
Dopo la Fiorentina, che aveva rilevato il titolo dall’omonima società trattenendo solo le migliori e prelevando dal mercato giocatrici di alto livello, l’anno scorso si sono mosse l’Atalanta, il Chievo, il Sassuolo e l’Empoli che hanno coadiuvato rispettivamente il Mozzanica (Atalanta), il Valpolicella (Chievo), la Reggiana (Sassuolo) e il Castelfranco (Empoli Ladies).
La Juventus, invece, ha acquisito il titolo dal Cuneo e, tranne che per una giocatrice (Simona Sodini), ha allestito una squadra ex novo andando a prendere le più brave dagli altri club. Il Brescia del presidente Giuseppe Cesari è stato il più saccheggiato (cinque elementi), ma anche altre società hanno subìto perdite consistenti. Non foss’altro per la qualità (non per il numero) delle giocatrici che hanno cambiato casacca.
Ovviamente la società bianconera non si è fermata a questo. Ha ingaggiato l’allenatrice Rita Guarino (dalla Nazionale Under 17), ex calciatrice di grande livello, e ha imposto una sorta di professionismo sia nei metodi di lavoro, sia nell’organizzazione. Le ragazze erano pagate (poco) anche negli altri club. Alla Juve sono cambiati (in meglio) gli ingaggi, sempre dentro la soglia imposta ai dilettanti e le strutture, i ruoli dirigenziali sono occupati da professionisti, tutti dediti al tempo pieno.
Sulla strada tracciata dalla Fiorentina e dalla Juve, si stanno muovendo altri club. L’Inter e il Milan per primi, probabilmente la Roma, mentre in serie A restano realtà “indipendenti” il Tavagnacco, il Verona e il Pink Bari.
Tuttavia non ci si può non chiedere che cosa accadrebbe se l’Inter acquisirà l’Orobica (neo promossa in serie A), il Milan ingloberà il Brescia e la Roma la Res Roma.
Potranno fare come la Juve? A livello societario certamente sì, ma a livello di calciatrici no di sicuro. A parte il Milan, che potrebbe confermare quasi in blocco le vice-campionesse d’Italia, tutti gli altri dove troverebbero elementi di qualità da ingaggiare?
Forse solo all’estero (il tesseramento è libero per le comunitarie, limitato a due per le extracomunitarie), non certo in Italia dove il bacino d’utenza è limitatissimo. Un esempio che spero possa aiutare a capire: l’Inter, arrivata dietro l’Orobica nell’ultimo campionato di serie B, può realizzare una fusione, prendere qualche quattro o cinque brave calciatrici all’estero, ma difficilmente potrà insidiare le squadre più forti (Juventus, Milan/Brescia, Fiorentina) che già annoverano le nazionali italiane.
Che cosa può accadere ancora?
Un campionato a due o a tre velocità. Ricco di marchi della serie A maschile, ma povero di contenuti tecnici nazionali, a dispetto di un’Italia che, dopo più di vent’anni, si sta per qualificare al prossimo campionato del mondo (partita decisiva l’8 giugno a Firenze con il Portogallo).
Con tutto questo voglio dire che non basta avere le più importanti società maschili disposte ad investire nel femminile, servono le giocatrici che certamente stanno crescendo, ma ancora non ci sono.
Giancarlo Padovan