Calcio femminile italiano: una storia ancora da scrivere?
- Lucia Pirola
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Il mondo del calcio costituisce nelle contemporanee società di massa un vero e proprio sistema culturale che ha costruito una simbiosi complessa con altri sistemi: la rete onnipervasiva della comunicazione, l'economia globalizzata, la politica. Allo stesso tempo, però, rimane un protagonista sociale dotato di caratteri propri che non consentono di ridurlo a uno dei tanti nodi che compongono la sconfinata rete dell'intrattenimento spettacolare nell'età della dittatura mediatica.
La situazione attuale del panorama del calcio maschile è sotto gli occhi di tutti: è forse il “mondo” più lontano e al contempo più desiderato, muove una quantità di denaro al limite della volgarità, funziona sempre di più come sinonimo di professionismo per eccellenza. Insomma la sfera del calcio -maschile- costituisce una specie di società a parte, bella, ricca e di successo. Il calciatore viene visto nell’immaginario comune come il lavoratore-che-fatica per antonomasia, o meglio così vuole essere fatto passare: testimonianze fotografiche e interviste piene di riferimenti al “working hard”, il “duro lavoro”, al sudore e alla determinazione. Come se alla fine non si trattasse di giocare a calcio ma di trainare manualmente le sorti del mondo, con milioni di persone che guardano, che tifano e che supportano.
Ora, a che punto siamo sul fronte femminile?
Io partirei dal presupposto che l’Italia non è ancora un paese libero dai pregiudizi sulle donne, e difficilmente questo cambierà a breve. Forte di questo background culturale, il calcio femminile in Italia è relegato da sempre al rango di dilettantismo, con tutte le sue complicazioni che creano un circolo vizioso. Zero stima nel femminile, quindi pochi investimenti, scarsi risultati e dunque poco interessamento e fiducia nel movimento.. e via così per decenni. Fino ad ora.
Ci si può permettere di dire “fino ad ora” perché il processo di avvicinamento e di approdo delle squadre professionistiche nel mondo del calcio femminile sta delineando una sorta di nuovo percorso di crescita, e anche le società dilettantistiche con adeguate risorse si stanno professionalizzando sempre di più. Vessillo e più evidente caso di questo fenomeno è l’irruzione della Juventus nella Serie A femminile, portando con sé il suo modello di professionalità e solidità già riconosciuto universalmente nella sfera del calcio maschile.
Ennesima conferma della validità di questo modello basato sulla metodologia e sulle risorse di una squadra professionistica: funziona. E funziona di nuovo, se consideriamo affine il modello Fiorentina della scorsa stagione.
Il movimento in Italia è quindi in evidente fermento, tante cose stanno cambiando e per certi aspetti si è capito che il calcio femminile che piace è pericolosamente simile al maschile: nei modelli promossi, nel rapporto con i media, negli stessi attori che agiscono al suo interno, e che ne escono vittoriosi. Perciò non possiamo fare a meno di chiederci dove porterà questa inclinazione, che faccia avrà e con che occhi vedremo il calcio femminile italiano tra 2, 3, 5 anni.
Una prima risposta può vedere questa inclinazione come un processo necessario e inevitabile: “se il calcio maschile funziona, dobbiamo essere come loro”. E quindi un po’ per volta anche il femminile si ritroverà come sorta di succursale del maschile, soggetto alle regole del mercato che vediamo nel maschile, a riprodurre tutte le storture esistenti, a ridefinire le priorità delle società e della società, intesa come contesto sociale in cui agiscono.
Vedremo forse appiattirsi la specificità che finora ha caratterizzato il calcio femminile, sia umanamente sia economicamente? È veramente possibile che il processo che si delinea all’orizzonte porti in questa direzione? È forse lecito pensare che i tratti distintivi siano sufficienti affinché la storia del calcio femminile italiano di questi decenni intraprenda un viaggio tutto nuovo, ancora da scrivere? Magari continuando a sostenere i movimenti che, chissà mai, un giorno aiuteranno a demolire definitivamente l’idea che esistano sport da uomini e sport da donne.
Il nostro obiettivo è ampliare i margini della discussione, vogliamo un calcio femminile interessante ed accessibile per tutti: se avete osservazioni, repliche o desiderate esprimere il vostro parere sul tema sollevato in questo articolo scriveteci all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. con il vostro contributo proseguiremo insieme a discutere pubblicamente l’argomento. Questo sport si merita di parlarne meglio, non solo di più: riusciamoci insieme!”
Lucia Pirola