Abbiamo toccato il fondo? Il Giudice: "l'arbitro non ha subito violenza fisica", la gara si ripete.
- Walter Pettinati
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Una sentenza che evidenzia, ancora una volta, la necessità di rivedere le normative che disciplinano la Giustizia Sportivae che deve far riflettere la giustizia ordinaria.
Non è accettabile, con tutto il rispetto per il Giudice Sportivo Ernesto Milia, che si giustifichi la decisione di far ripetere una gara con la motivazione: "l'arbitro non ha subito violenza fisica" [.....]. La violenza può essere fisica ma anche verbale, e, se maturata con l'intimidazione, minacce e offese personali, merita un approfondimento in sede di giustizia civile e penale, anche per far riflettere le Istituzioni della Giustizia Sportiva a rimediare ad un regolamento superato dai tempi. Di seguito vi racconterò un precedente e vi spiegherò la mia tesi. Ma veniamo ai fatti:
Durante la gara Arpino-Itri, dello scorso 15 ottobre, valida per il campionato Promozione, l'arbitro, all'85°, decide di sospendere la gara per i gravi atteggiamenti ricevuti da un calciatore dell'Itri, il quale, vista l'espulsione di un compagno ha inveito contro il direttore di gare, costringendola ad espellerlo. A tale procedimento il giocatore aggredisce verbalmente il direttore di gara tanto da farla retrocedere di circa 15 metri e successivamente, visto il pericolo, a farla scappare, rincorsa dallo stesso, negli spogliatoi. A seguito del referto arbitrale, la Giustizia Sportiva si pronuncia con il Comunicato Ufficiale N° 115 del 18/10/2017 che recita:
SQUALIFICA PER SEI GARE EFFETTIVE ALTOBELLI GREGORIO (ITRI CALCIO)
Perchè, a seguito dell'espulsione di un proprio compagno di squadra, rivolgeva all'arbitro espressione offensiva. Alla notifica del provvedimento disciplinare lo avvicinava con atteggiamento minaccioso
costringendolo ad arretrare di circa dieci metri. Nonostante fosse trattenuto da compagni di squadra reiterava altre offese e minacce. L'arbitro impaurito da tali atteggiamenti correva precipitosamente verso gli spogliatoi seguito dagli assistenti arbitrali. Bloccato dai propri compagni di squadra e da alcuni avversari reiterava altre offese e minacce all'interno degli spogliatoi.
A nulla è valso il ricorso (C.U. n. 115 del 18/10/2017) dello stesso Altobelli per la riduzione della squalifica. La Corte Sportiva di Appello Territoriale respingere il reclamo, confermando la decisione impugnata.
La testimonianza
Durante il match la ragazza ha ricevuto i continui insulti a sfondo sessista. Dopo le proteste, però, c’è stato anche un tentativo di aggressione:
"Sono partiti insulti e minacce – spiega il presidente dell'Arpino Di Rienzo – poi il giocatore si è lanciato verso l’arbitro. Era infuriato, ha iniziato a rincorrerla mentre gli altri della squadra continuavano a inveire contro la ragazza, nel frattempo due centrocampisti dell’Arpino sono partiti per bloccare il giocatore. Lei è scappata negli spogliatoi, dove è stata raggiunta dai carabinieri. Ha avuto una determinazione che probabilmente pochi avrebbero avuto nell’affrontare il problema – conclude Di Rienzo – Era decisa, anche quando si è temuto il peggio. Forse altri, uomini o donne, in quella stessa situazione e dopo le minacce gravi e gli insulti che continuavano ad arrivare, ci avrebbero pensato due volte e magari lasciato finire la partita. Invece lei non ha avuto incertezze."
La sorpresa arriva però al momento che il Giudice Sportivo scioglie la riserva sul risultato della gara sospesa sul 1-1 e accoglie il ricorso della società Itri e fa ripetere la gara.
Il Comunicato Ufficiale N° 135 del 2/11/2017: "il Giudice Sportivo, esaminato il reclamo fatto pervenire a seguito di tempestivo preannuncio dalla Società ITRI CALCIO e con il quale si deduce che l'arbitro designato alla direzione della gara abbia sospeso, senza alcun motivo valido, la partita a seguito di proteste esagerate nei toni, indubbiamente deprecabili, da parte di un proprio calciatore.
La reclamante sottolinea che tali proteste non avevano forma di violenza e senza alcuna aggressione fisica.
Inoltre, la Forza Pubblica presente non ha ritenuto necessario l'intervento per sedare atti di violenza.
Per l'effetto chiede la ripetizione della gara non ritenendo validi i motivi della sospensione.
Esaminati gli atti ufficiali, come noto fonte privilegiata di prova ex art. 35 CGS
RILEVA
- al 40º del II tempo il calciatore ALTOBELLI Gregorio (ITRI CALCIO) a seguito dell'espulsione di un proprio compagno di squadra, rivolgeva all'arbitro espressione offensiva.
Alla notifica del provvedimento disciplinare lo avvicinava con atteggiamento minaccioso costringendolo ad arretrare di circa dieci metri.
Nonostante fosse trattenuto dai compagni di squadra reiterava altre offese e minacce. L'arbitro impaurito da tale atteggiamento correva precipitosamente verso gli spogliatoi seguito dagli Assistenti Arbitrali.
L'arbitro, a seguito di tale episodio riferisce di essere rimasto turbato e traumatizzato. Pertanto, trovandosi in uno stato di shock e temendo per la propria incolumità decretava la sospensione
definitiva della gara al 40º del II tempo sul seguente punteggio: ARPINO - ITRI CALCIO 1 - 1.
Questo Organo Giudicante ha attentamente valutato il reclamo in questione e l'atteggiamento posto in essere dal calciatore Altobelli Gregorio (ITRI CALCIO) e ritiene che l'arbitro non ha subito violenza fisica, bensì proteste verbali con atteggiamento minaccioso e trattasi di un gesto isolato di un calciatore, che era stato bloccato e accompagnato negli spogliatoi. Inoltre, intervenuta la Forza Pubblica peraltro presente l'arbitro poteva riprendere la gara. Pertanto avvalendosi del dispositivo di cui all'art. 17 comma 4 lett. a)
DELIBERA
- di accogliere il reclamo proposto dalla società ITRI CALCIO
- di ordinare la ripetizione della gara dando mandato al Comitato Regionale Lazio per gli adempimenti di competenza.
Tale sanzione non va considerata ai fini dell'applicazione delle misure amministrative come previsto dall'art. 16 comma 4 bis del CGS.
Le sanzioni assunte nei confronti del calciatore ALTOBELLI Gregorio (ITRI CALCIO) sono state pubblicate sul C.U. n. 115 del 18/10/2017.
Un calcio smarrito e senza identità
Io non voglio discutere la decisione del Giudice Sportivo che mette in pratica un regolamento che va senza dubbio rivisto. Non voglio nemmeno commentare i reclami del giocatore e della sua società che glielo ha permesso (Un calciatore che rincorre una ragazza.... lo fa forse per donargli un fiore di campo?).
Voglio soffermarmi sul lato sportivo e morale di questa vicenda, che si ripete fin troppo spesso su tanti campi sportivi con l'aggravante che questa volta la vittima sia un arbitro donna di 23 anni. FIGC, LND che parlano tanto di lotta contro la violenza sulle donne... e dopo permettono ad un giudice sportivo di far ripetere la gara perchè la ragazza non ha subito violenza fisica?
Dov'e il CONI...? e le Istituzioni politiche?
Questo episodio evidenzia la mancanza di sportività e di rispetto verso la decisione di un direttore di gara, un messaggio negativissimo; il calcio non può continuare a giustificare offese e minacce, che esse provengano dalle tribune e/o dai giocatori in campo poco cambia. Lo sport dovrebbe essere un esempio di lealtà e sportività e non un terreno di nessuno dove si possono offendere e minacciare le persone.
La mia tesi e il precedente
Anni fa sono stato testimone indiretto di un fatto clamoroso: per la prima volta nella storia un calciatore di serie C calcio a 5 FIGC viene condannato civilmente e penalmente per un fallo, commesso durante la partita, non ritenuto di gioco dall'arbitro (Una gomitata che fece cadere la dentiera ad un avversario).
L'arbitro ritenne che non si trattasse di fallo di gioco e il giocatore che l'aveva commesso fu condannato dalla legge ordinaria al pagamento dei danni materiali e morali (Parecchi soldi).
L'Arbitro ha temuto la sua incolumità, atteggiamento fuori dai regolamenti del gioco del calcio: in questo caso dovrebbe intervenire la giustizia ordinaria
In questa vicenda l'arbitro ha ritenuto di essere in grave pericolo tanto da dover scappare insieme ai suoi assistenti negli spogliatoi fino all'arrivo dei carabinieri. Inoltre ha dovuto incassare offese e minacce gratuite per una decisione di gioco. Tanti reati tutti insieme a discapito di una donna che la giustizia sportiva punisce con qualche giornata di squalifica e la società giustifica il suo calciatore.
Bisogna dire basta a questi atteggiamenti che nulla hanno a che fare con lo sport e il rispetto delle donne.
Sara Mainella è stata una ragazza coraggiosa, io la incoraggio ad andare avanti e chiedere l'autorizzazione per procedere con la giustizia ordinaria, portando in discussione i regolamenti e le persone che l'hanno aggredita e umiliata...
Scusa Sara, (non mi scuso per l tuo aggressore) ti sto consigliando male... per un attimo mi sono dimenticato che siamo in Italia dove non c'è protezione neanche per le vittime di stalking e violenza, dove l'unica cosa certa e l'incertezza della pena, dove c'è una giustizia che permette di contrattare (finanziariamente) i reati di stalking, dove ci sono sconti di pena e permessi premio anche agli assassini.
Continua a esercitare la tua passione, infischiatene dei verbalmente violenti (questo vuole il regolamento), metti le scarpette rosse, fai finta di niente e guarda avanti con la speranza che l'Italia ritrovi la moralità perduta e il calcio la sua dignità.
Walter Pettinati