Il calcio femminile: contro ogni fanatismo
- Iasmine Ferrari
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Se in Inghilterra le prime notizie di donne in maglietta e pantaloncini risalgono al 1895, da noi bisogna aspettare fino al 1933, quando a Milano alcune appassionate fondarono il Gruppo femminile calcistico. A differenza delle colleghe britanniche, si presentarono alla partita d’esordio in sottana, suscitando la curiosità del pubblico, ma l’entusiasmo durò poco. Il Coni ostacolò lo sviluppo del fenomeno e dirottò le ragazze in altri sport.
Provvedimenti ben più duri vennero presi oltremanica nel 1921. La Football Association bandì la pratica (fino al 1966, ndr) ritenendo “il calcio inadeguato alle donne” tagliando le gambe a un movimento che contava già 150 squadre e attirava folle di appassionati.
Con l’emancipazione femminile e con la conquista di diritti sociali, economici e civili della donna, la figura maschile si sente destabilizzata, sbandata, quasi in imbarazzo di fronte ad una donna che dimostra di saper portare avanti battaglie e di vincerle, di saper svolgere gli stessi lavori degli uomini, di riuscire bene in qualsiasi impresa.
Ma ancora oggi, se una ragazzina decide di fare calcio, deve sentire i mugugni delle mamme delle altre ragazzine che riprovano la scelta.
La libertà deve sempre essere l’ideale più alto da perseguire, sia che si tratti di uomini che di donne. Che problema può dare a una nazione se queste ragazze vogliono giocare a calcio e se noi, da quest’altra parte, vogliamo vederle?
Si sta aprendo una nuova visione di questo sport: in queste donne si può vedere una passione e una determinazione pari o maggiore a quella dei colleghi maschi. La differenza è che non sono spinte a dare il meglio per uno stipendio stellare o la fama, ma per la semplice e pura voglia di giocare a pallone.
E non a caso uno studio dimostra quanto il calcio sia lo sport che più di ogni altro aiuta ad aumentare l’autostima delle ragazze in età adolescenziale.
A sostenerlo è una ricerca commissionata addirittura dalla Uefa.
Purtroppo i vari cliche’ sono sempre all’ordine del giorno ad esempio nella psicologia sociale da bar, questa reazione a metà tra l’isterico e il primitivo nei confronti del calcio femminile testimonia, una volta di più, che il calcio in Italia finisce sempre per essere anche qualcos’altro, non solo sport, non solo competizione, ma fenomeno politico e sociale attraverso articoli o vari ritornelli sui social: e sono lente, e sbagliano gli stop, e tirano a due all’ora, e sono ridicole, e il marketing, e il femminismo, e questo non è calcio… Come se fosse stato profanato chissà quale spazio maschile, chissà quale primazia politica e culturale.
L’apertura del mondo calcistico alle donne è al contempo espressione della raggiunta parità dei sessi e superamento di ogni preconcetto arcaico nel quale alla donna veniva riservato un ruolo di subordinazione.
È importante sottolineare anche i fattori fisiologici che differenziano uomo e donna e in tale caso può essere interessante considerare che le femmine, a livello cerebrale, hanno una specializzazione emisferica meno netta dei maschi che determina delle differenze nel modo in cui queste percepiscono gli stimoli. Riportato nella pratica sportiva ciò significa che tendenzialmente le donne hanno una visione globale più ampia degli uomini, perifericamente, cioè, vedono più cose e ciò, può fornire una visione più completa ed un maggiore controllo della situazione.
Le donne sportive, per esempio, hanno una elevato senso di responsabilità individuale, una maggior tendenza verso la collaborazione e la cooperazione, una disposizione naturale verso la creazione di più forti legami affettivi.
La verità è che ancora oggi la stampa offre più spazio allo sport maschile; spesso i giornalisti sportivi sono prevalentemente uomini e lo sport femminile balza agli onori della cronaca esclusivamente in seguito a vittorie straordinarie.
A tutt’oggi le atlete italiane sono ancora discriminate sul piano economico rispetto ai colleghi tanto che quelle che praticano attività sportiva a livello agonistico non raggiungono l’indipendenza economica.
Pertanto, un ringraziamento speciale va alle nostre ragazze mondiali che con tenacia, volontà e senso di coesione hanno allontanato ogni tipo di pregiudizio, coinvolgendo milioni di famiglie, bambini, ma soprattutto bambine con spirito di cambiamento.
Dott.ssa Iasmine Ferrari