VIOLA LANGELLA al servizio delle nuove leve!
- Mario Merati
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Nel palmares di Viola Langella, giocatrice degli anni 80, spiccano 7 scudetti, 4 coppe Italia e molte presenze nella Nazionale Italiana. Ha militato in molte squadre: Genova, Lecce, Trani, Giuliano, Reggiana e infine Oristano dove ha chiuso la sua lunga carriera all’età di 40 anni!
Quando ha appeso le scarpette al chiodo ha iniziato un’altrettanta lunga carriera da allenatrice in diverse squadre giovanili sia con le ragazze che con i maschi, ma all’inizio ha fatto la scelta di andare negli Stati Uniti nelle Accademy Soccer a Philadelphia e New York. Questo per lei è stato un periodo di studio e di insegnamento in quanto ha conosciuto una realtà importante il Soccer americano che ha avuto negli anni un grande incremento in termini di numero di giocatrici e di grandi successi internazionali.
In Italia ha allenato molte squadre a livello giovanile, ne cito solo alcune: Sampdoria, Reggiana, ASD Sammarinese e nel 2015 il Genoa; importante è stata anche, nella stagione 2008-09, l’esperienza ad Arzachena come Responsabile della scuola calcio maschile.
Dal alcune settimane ha ottenuto un incarico importante ed impegnativo nel Sassuolo Calcio che ha “aperto le porte” al Calcio femminile: quello di allenare le nuove leve che vanno dal 2003 al 2007.
Ho contattato in questi giorni Viola e le ho rivolto alcune domande riguardanti il mondo del calcio e in particolare ho messo l’accento sui settori giovanili, sia femminili che maschili, che lei ha sempre seguito in questi anni con tanta passione e professionalità.
Ciao Viola, da quando hai smesso di giocare hai conosciuto e allenato tante giovani giocatrici, il mondo è cambiato vorticosamente così come la società, quali sono le maggiori differenze che noti fra la tua generazione e quella attuale a livello calcistico e sportivo in generale?
“Come hai detto tu, il calcio in questi ultimi anni è molto cambiato, quando ho iniziato a giocare avevo 12-13 anni, avevo una grande passione, una gran sete di giocare. Ora noto che per molte ragazze, non dico tutte, è quasi un sacrificio e questo ti fa capire come sono cambiate le cose, proprio a livello generazionale.”
Un’allenatrice deve valutare una sua giocatrice su diverse basi: tecniche, atletiche e mentali- psicologiche, tu che percentuale d’importanza dai a questi tre aspetti?
-“Io li metto tutte tre, più o meno, allo stesso livello, anche se per giocare a calcio occorre avere indubbiamente delle qualità tecniche, ma l’aspetto psicologico è fondamentale, anzi, ho riscontrato personalmente che ci sono delle ragazze che hanno dei valori tecnici incredibili, però sul piano psicologico ed emotivo sono molto fragili e questo è un aspetto che, a differenza di tanti anni fa, un allenatore attuale deve essere in grado di percepire.”
Tu ora alleni delle ragazzine di diverse età: quando si passa dal puro divertimento all’aspetto agonistico…dando un certo valore al risultato?
“Ci sono varie fasce di età. Secondo me è importante che prima dei 13-14 anni ci sia inizialmente un approccio ludico e di puro divertimento, assolutamente senza martellarle troppo, a questo purtroppo già ci pensano i genitori e gli insegnanti! Ogni fascia di età è importante sotto vari aspetti e sono tutti da valutare attentamente.”
Hai vissuto per oltre 25 anni LO SPOGLIATOIO, che importanza dai al rapporto che hanno le giocatrici fra di loro e fra loro e i mister? Da questi rapporti possono nascere vittorie, ma anche sconfitte, cosa ne pensi in merito?
“Come dici tu, quello che si cerca di trasmettere al gruppo, in quanto poi il calcio è un gioco di squadra, è il senso di APPARTENENZA che se si riesce a far comprendere subito è già un grosso passo avanti. In seguito altra cosa importante è saper fare accettare le sconfitte, perché è un aspetto che va di pari passo con la vita di tutti i giorni.”
Cosa diresti ai genitori di una bambina che chiede di giocare a calcio? Credi che la cultura verso questo sport sia cambiata o esistono ancora tante pregiudizi verso questo sport?
“No, devo dire che, secondo me, piano piano, stiamo raggiungendo un po’ di cultura, diciamo così…quasi anglosassone, parlo così perché ho avuto esperienze in quei paesi. Io all’inizio sono cresciuta calcisticamente a Genova e devo dire che addirittura credevo di essere l’unica bambina al mondo che avrebbe potuto giocare un domani con i maschi, anche mia mamma mi guardava allora come una extraterrestre. Io credo che si debba stimolare a far sì che le bambine possano avvicinarsi a questo sport con la massima semplicità, sempre vedendolo come un gioco come gli altri, uno sport come gli altri.
Sono ancora poche le Società professionistiche maschili che hanno inserito nel loro organigramma una squadra femminile. Per prima è stata la Fiorentina, ora il Sassuolo, ha fatto un passo importante anche con la recente acquisizione della REGGIANA, altre si sono fermate ad una semplice collaborazione esterna, ma perché, secondo te, in Italia è così difficile arrivare ad un punto d’incontro definitivo su questo problema?
-“Sai…io penso che il problema principale sia dovuto al fatto che esistono ancora dei retaggi culturali negativi verso questa disciplina, retaggi che ci portiamo dietro da anni. Tutto cambierebbe se magari le squadre calcistiche professionistiche credessero un po’ di più nel fatto che l’inserimento nel loro organigramma del calcio femminile potrebbe portare loro dei vantaggi. Ora c’è questa realtà del Sassuolo, della Fiorentina, anche del Genoa. Io l’anno scorso ero a Genova e ho visto che c’è la volontà di questa Società per far crescere questo movimento. Questa è la strada giusta, perché se andiamo a vedere, che ne so, rispetto all’Inghilterra, la Germania, la Francia ci sono dei numeri abissali fra noi e loro. Si deve dare una maggiore spinta, ben vengano quindi gli Open Day, dove magari ci sono tanti genitori che hanno le bambine interessate a giocare, ma spesso non sanno dove andare.”
"Anche la Federazione ha dato ultimamente una bella accelerata perché ha visto che all’estero il calcio femminile è diventato sempre più importante e questo positivo esempio potrebbe portare ad un successo anche per il nostro movimento.”
“Nella finale di Champions a Reggio Emilia, io purtroppo non c’ero, mi hanno riferito che è stato un grande spettacolo. Anche il fatto che in quella circostanza, dei genitori abbiano portato, con SERENITA’ i loro figli allo stadio è stato importante!”
Due cose importanti che la FIGC dovrebbe attuare per una maggior diffusione del calcio femminile in Italia?
“Io punterei sui MASS MEDIA, televisione, veicoli importanti per far conoscere il calcio femminile. Quando militavo a Trani, paradossalmente, parlo di 30 anni fa, eravamo seguiti molto di più di quanto avviene oggi. Trasmissioni molto seguite come: 90’ minuto, Domenica In, Tv sport, informavano i tifosi sul nostro campionato. Magari, ad esempio, si potrebbe far disputare una partita di calcio femminile o prima o dopo una partita di calcio maschile di serie A o B e trasmetterla in tv. Se cresce il movimento, anche i Media potrebbero essere più interessati, se poi arrivassero anche dei successi a livello internazionali sarebbero anche loro incentivati ad aumentare la loro presenza. Ora il Brescia, anni fa il Bardolino Verona, sono arrivate a disputare una semifinale di Champions, però supponiamo che fossero andate in finale ci sarebbe stato un input enorme per tutto il movimento calcistico femminile italiano.”
Ringrazio Viola per la sua disponibilità e professionalità che da sempre la distingue e la Società Sassuolo calcio per la fattiva collaborazione.
Mario Merati - CALCIODONNE.IT