Giovedì, 21 Novembre 2024
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DUE FALSI DI VALORE: STORIA DELLE SORELLE GHEDUZZI

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sorelle gheduzzi
Sui campi polverosi del piacentino dove ogni settimana ragazzini con la passione per il calcio crescevano a colpi di pallone, quei due ragazzi sembravano già un passo più avanti dei loro coetanei e riuscivano davvero a dare filo da torcere a tutti. Sulla corsia sinistra in pochi riuscivano a sfuggire a Massimo, mentre in attacco Emanuele era lo spauracchio di ogni difesa e di ogni portiere. La loro formazione, il Gragnano, sembrava una delle pretendenti alla vittoria finale del campionato Esordienti e dietro ai successi degli emiliani c'erano anche Massimo ed Emanuele, che al primo anno in squadra avevano costretto alla panchina i loro coetanei. Quei due fratelli erano proprio più avanti agli altri, e in squadra facevano faville.
Dietro ai successi del Gragnano, però, c'era un segreto che non avrebbe mai dovuto conoscere nessuno, né genitori, né arbitri. Il segreto, anzi i segreti, erano due. Emanuele e Massimo non erano Emanuele e Massimo, ma Manuela e Deborah Gheduzzi.



Quei due giocatori che facevano impazzire i loro avversari e stavano regalando al Gragnano un campionato di vertice erano due sorelline di dodici anni con la passione per il calcio, con un grande talento ed un promettente avvenire all'orizzonte che poteva essere ostacolato solo dai regolamenti che allora vietavano loro di giocare con i ragazzi e non prevedevano settori giovanili femminili.
Il problema del tesseramento era stato superato con lo stratagemma di cambiare i nomi alle due sorelle. Ne rimaneva uno ancora più ostico da limitare, di quelli che in un paesino del piacentino di appena tremila abitanti dove tutti conoscevano le storie di tutti prima o poi era destinato a venire a galla: il pettegolezzo.


Per un po' di tempo resse anche il taglio di capelli studiato appositamente per assomigliare il più possibile a due ragazzi, ma a tre giornate dal termine della stagione le mamme di alcuni avversari riconobbero il padre delle ragazzine. Il danno era ormai fatto.
Mentre la stampa si catapultava a Piacenza per raccontare la loro storia partiva anche un reclamo, ma cadde ben presto nel nulla perché nemmeno le norme federali prevedevano un caso simile. Non andò così per la loro società. Il Giudice Sportivo condannò il Gragnano ad un milione di lire di multa, mentre il presidente venne inibito per un anno assieme ad altri dirigenti e l'allenatore. Il responsabile del settore giovanile venne squalificato per due anni.


Debora e Manuela, intanto, non potevano più giocare con i loro amici. A chi gli chiese se non provassero imbarazzo nel condividere lo stesso spogliatoio loro risposero senza troppi giri di parole che no, non avevano nessun problema. Ma il rammarico più grande era un altro, come sottolineò Manuela alla stampa: "Potevamo vincere il campionato".


La loro passione era iniziata a sette anni giocando col fratello in cortile ed era proseguita nei campetti del piacentino fin quando con la loro abilità conquistarono l'allenatore della formazione locale, che fece - è proprio il caso di dirlo - carte false per averle in squadra.
Dopo essere tornate calcisticamente a tutti gli effetti Deborah e Manuela, le sorelle Gheduzzi ricevettero un'offerta da una società brianzola, ma inizialmente la loro avventura nel calcio femminile venne ostacolata da problemi legati allo svincolo. La situazione si sbloccò definitivamente qualche anno dopo, quando le sorelle Gheduzzi andarono a rinforzare la formazione romagnola del Lugo in Serie B, iniziando finalmente la loro carriera nel calcio. E questa volta fu tutto vero.

 

Daniele Pompignoli
Twitter: @dpompignoli

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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Firenze il 15 settembre 2016  n. 6032.
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