L’ennesima figuraccia federativa
- Silvio Bogliari
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Negli ultimi giorni sembrava che il calcio femminile si stesse apprestando a vivere una nuova tappa verso il più completo sviluppo: l’11 giugno infatti la federazione spagnola, la Real Federación Española de Fútbol , ha emesso un comunicato online1 con cui annunciava che i campionati di Serie A (Liga Iberdrola) e Serie B (Reto Iberdrola) femminili, nonché il calcetto maschile e femminile, lasciavano la qualifica di sport dilettantistici passando ad essere riconosciute come competizioni “professionalizzate”.
Inizialmente, come ovvio, nei social e nei media l’euforia è stata enorme purtroppo però le parole hanno un significato preciso e ad oggi, il calcio femminile spagnolo non è ancora uno sport professionistico.
Come in Italia, in Spagna la gestione dello sport è pubblica ed è pertanto affidata agli enti pubblici: in Spagna è il Consejo Superior de Deportes, ente pubblico dipendente dal Ministero di Cultura e Sport, l’ente pubblico di vertice di tutto il sistema sportivo e infatti svolge le stesse funzioni del CONI italiano.
Conforme alla legge dello sport spagnola, la legge n.10 del 15 ottobre del 1990, il riconoscimento di uno sport come professionistico spetta al Consejo Superior de Deportes su proposta delle federazioni. Inoltre, la stessa legge dello sport riconosce nel suo articolo 46 che: “Ai fini della presente legge, le competizioni sportive si classificano della forma seguente:
a) Per la sua natura, in competizioni ufficiali e non ufficiali, di carattere professionistico o non professionistico;
b) Per il suo ambito, in competizioni internazionali, statali e di ambito territoriale inferiore”, senza includere però le competizioni “professionalizzate”, che ex lege, non esistono.
Quello che si è verificato l’11 giugno ha del non poco di superficiale e discriminatorio: la federazione spagnola infatti, ha classificato come sport “professionalizzato” il calcio femminile, conoscendo perfettamente che quel termine nella legge spagnola non esiste e coniando un aggettivo ad hoc per i massimi campionati femminili, come se fosse vietato usare il termine “professionistico” per le competizioni femminili.
La classificazione di sport “professionalizzato” è stata introdotta nella nuova versione dello statuto della federazione spagnola che, come avviene in Italia2, per la sua entrata in vigore necessita dell’approvazione del massimo ente pubblico dello sport, in questo caso il Consejo Superior de Deportes.
E proprio quest’ultimo, venerdì 12 giugno, ha avvertito che le competizioni “professionalizzate” non esistono e non hanno nessun tipo di copertura giuridica, ma non per questo ha richiesto l’eliminazione di tale termine dal nuovo statuto della federazione spagnola, con il risultato che, ad oggi, il campionato di Serie A e di Serie B femminili spagnoli sono stati riconosciuti come sport “professionalizzati” e non professionistici.
Come esposto anteriormente in questo sito
( https://www.calciodonne.it/rubriche/approfondimento/parliamone/27118-il-professionismo-nelcalcio-femminile-in-europa ), il calcio femminile è considerato uno sport dilettantistico nei principali paesi europei, ma soprattutto viene considerato uno sport dilettantistico dalle stesse federazioni che nei propri statuti si impegnano ad evitare qualsiasi discriminazione di genere.
Ad esempio, lo statuto della FIGC riporta: “La FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio e di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza”, quando poi considera tutto il calcio femminile, includendo quindi anche la Serie A, alla stregua di un’attività ricreativa (art.29 NOIF).
Ora, il nuovo trend è quello di inventare dei termini applicabili al solo calcio femminile pur di non riconoscerlo uno sport professionistico.
Silvio Bogliari
Note:
1) https://www.rfef.es/futbol-sala/noticias/rfef-declara-competiciones-profesionalizadas-oficiales-del-futbol-femenino-y
2) Art. 7 Statuto CONI: “La Giunta Nazionale: approva ai fini sportivi, gli statuti, i regolamenti per l’attuazione dello statuto, i regolamenti di giustizia sportiva e i regolamenti antidoping delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, valutandone la conformità alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale, rinviandoli eventualmente entro il termine di novanta giorni alle Federazioni sportive nazionali ed alle Discipline sportive associate per le opportune modifiche”.