Calcio ed emancipazione femminile
- maurizio faretta
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In molti Paesi questo sport ha fatto passi da gigante. Ma è soprattutto a Berlino che si deve guardare. La Nazionale tedesca ha vinto due mondiali e sette dei dieci Europei mai giocati (due la Norvegia, uno la Svezia), i suoi club hanno conquistato sei su undici Champions (l'Italia non ha mai vinto). La Nazionale è seguita in tv da 14-16 milioni di persone, cancelliera Merkel inclusa. Il boom tedesco lo si è avuto dopo un ingente investimento della Federazione Calcio, la Dfb, che nel 2006 ha fornito 100mila palloni e 400mila magliette alle bambine di 22mila scuole elementari. Così ora esistono 5.486 società di calcio femminile, mentre in Italia ce ne sono poco più di 300. Ma torniamo ai numeri delle calciatrici in Europa. Tra i grandi Paesi, gli unici che si battono con noi nella "zona retrocessione" sono Spagna (21.609 giocatrici), Grecia (3.410) e Portogallo (1.743), tutte società in cui la donna ha trovato sempre più difficoltà ad affermarsi (anche se la Spagna sta cambiando). Che ci sia una correlazione?
In Germania, Svezia i ritmi e l'attenzione sono diversi, con un maggiore rispetto verso la donna e la famiglia. Nei Paesi del Nord, protestanti, la donna vive una condizione paritaria con l'uomo, ed è trattata con rispetto quando gioca a pallone.
Daniel Meuren, autore e giornalista sportivo tra i piu' rappresentativi in Germania afferma che: l'emancipazione femminile è più avanzata nei Paesi protestanti e si riflette nello sviluppo del calcio. La questione tradizione-religione nei paesi latini può essere causa dell'arretratezza del movimento calcistico in rosa; forse e non a caso società atee comuniste producono ottime nazionali femminili, come la Cina e la Corea del Nord.
In Germania, le calciatrici si allenano 5-6 volte a settimana .Alcune sono inquadrate nella polizia e nell'esercito, ma anche se hanno un lavoro la Federazione fa in modo che possano essere esentate prima dei grandi tornei. Più in un paese esiste l'emancipazione femminile, più le donne vengono trattate con rispetto sul campo da gioco. In Italia esiste più di un problema. Ricordiamo l'articolo di quella giocatrice che ha raccontato sul web degli insulti ricevuti da parte degli arbitri (maschi).
Perché talvolta gli arbitri vivono come una "punizione" dirigere una partita di donne, rispetto ad una partita di terza categoria. Oppure ribaltando totalmente il punto di vista, pensiamo a tutti gli sfottò e risolini che riceve una direttrice di gara, che arbitra una partita maschile, dove spesso la mancanza di rispetto arriva prima da parte dei calciatori e dirigenti e poi dal pubblico.
Fonte:La Repubblica
MAURIZIO FARETTA