LA PAROLA A MISTER ENRICO SBARDELLA
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QUALITÀ DELL’ALLENATORE, GESTIONE DEL GRUPPO, ALLENAMENTO, GARA: LA PAROLA A MISTER ENRICO SBARDELLA.
A CURA DI ROBERTO BONACINI – WWW ALLENATORE NET
COME LA CONOSCENZA E IL CONFRONTO TRA TECNICI PUÒ CREARE VALORE AGGIUNTO IN TERMINI DI AGGIORNAMENTO E FORMAZIONE PROFESSIONALE: L’INTERVISTA AD ENRICO SBARDELLA, CT DELLA NAZIONALE DI CALCIO FEMMINILE UNDER 17.
INTRODUZIONE.
Avevo lasciato Mister Sardella ad Aprile 2007 quando mi rilasciò un intervista inerente al suo lavoro di CT della Nazionale Femminile Under 17 e di Allenatore in Seconda della Nazionale Under 19 guidata da Corrado Corradini.
Abbiamo avuto modo di incontrarci nuovamente in questi giorni, all’inizio di una stagione piena di impegni, e abbiamo colto l’occasione per scambiarci altre “quattro chiacchiere”. Dall’incontro ho tratto questo articolo; una serie di domande e risposte dirette che portano ad una bella intervista che completa e va ad arricchire quella precedentemente pubblicata su www.allenatore.net. ALLENATORE O SELEZIONATORE?
Mister Sbardella quali qualità deve avere un buon allenatore?
L’allenatore nel suo insieme è un’unità pensante che ha il compito di semplificare e trovare il metodo idoneo adatto al gruppo e ad ogni singolo giocatore, allo scopo di metterlo a proprio agio; compito sicuramente non facile…ma chi l’ha detto che allenare sia una cosa semplice e adatta a tutti?
Operare nei Settori Giovanili è un ruolo ancora più delicato in quanto l’allenatore può rappresentare per gli atleti, sia una figura di riferimento, sia un ostacolo alla loro carriera, a secondo del rapporto che si instaura.
Nel mio modo di lavorare cerco sempre di dare la massima importanza al lato umano, soprattutto nel calcio femminile italiano dove ancora la diffidenza ed i pregiudizi la fanno da padroni.
Essere comprensivi ma, al momento opportuno, anche risoluti ed autorevoli, comunque mai autoritari.
Saper dosare pazienza e creatività durante le sedute dall’allenamento e dimostrare che, attraverso l’applicazione e la serietà, si possono raggiungere insieme gli obiettivi prefissati.
Questa è la mia filosofia di lavoro.
Il CT di una Nazionale è più un selezionatore o un allenatore?
Sicuramente il ruolo che ricopre un CT in Nazionale Maggiore è assolutamente diverso da quello di chi opera nelle Nazionali Giovanili.
Le dinamiche da gestire in ogni singolo gruppo, ad iniziare dal sesso e dall’età degli atleti, sono talmente tante che la specificità del tecnico per quella fascia di lavoro diventa fondamentale.
In U17 femminile bisogna essere selezionatori durante le visionature delle gare, soprattutto delle rappresentative regionali U15 che sono il serbatoio naturale di questa nazionale; successivamente bisogna essere buoni educatori, saper gestire l’approccio psicologico di ragazze minorenni che si confrontano con una realtà sportiva diversa da quella che vivono quotidianamente, portarle a relazionarsi con lo Staff Sanitario che deve conoscere tutte le loro problematiche per poterle monitorare costantemente.
Bisogna essere allenatori per preparare al meglio la squadra da mandare in campo prima di una gara, essere a volte istruttori per spiegare i fondamentali del calcio che a tante di queste ragazze non hanno mai insegnato (molte di loro non hanno mai frequentato una scuola calcio!), ed infine essere bravi motivatori, far comprendere cosa vuol dire indossare la maglia Azzurra e rappresentare il proprio paese in competizioni ufficiali UEFA-FIFA.
Dal mix di tutte queste componenti esce la figura del CT.
Cosa è più importante per un allenatore: la competenza tecnica-tattica o una buona capacità di comprensione e di intervento psicologico?
Un calciatore è tale se ha nel suo DNA, anche se in piccole dosi, tutte le competenze sopra citate.
Quando invece queste competenze raggiungono nel loro insieme livelli ottimali, allora si può parlare di fuoriclasse vero, non quello da carta patinata.
In tal caso l’allenatore dovrà essere bravo a gestire altre dinamiche, per lo più di equilibri all’interno del gruppo.
Esempio lampante è il caso di Baggio, fuoriclasse vero che molti tecnici non hanno apprezzato perché non pronti a convivere con la sua immagine ed il suo carisma.
Tutti gli allenatori hanno un giocatore ideale che rispecchia il suo modo di fare calcio, nella scelta però mi sembra imprescindibile il fattore tecnico, la base per giocare.
Con la costanza e l’impegno, inoltre, si possono migliorare molte componenti del gioco ma, per quanto riguarda la tecnica di base, è importante acquisirla fin da piccoli.
In Nazionale, per questi e molti altri motivi legati al poco tempo a disposizione, cerchiamo di lavorare con atlete che danno già del “tu” al pallone.
L’ALLENATORE E IL GRUPPO SQUADRA.
Che tipo di rapporto cerca di instaurare con la squadra?
Fiducia reciproca e grande rispetto, non per il ruolo che ricopro ma per la persona che sono.
Cerco d’instaurare con il gruppo un rapporto diretto, ciascuno deve rapportarsi nel modo più spontaneo e naturale, e questo vale sia per le ragazze che per lo Staff.
La Nazionale è un grande contenitore di dialetti e culture diverse, ragazze altoatesine e siciliane insieme; non credo che dare del “Lei” o del “Tu” possa cambiare qualcosa ai fini della prestazione, l’importante è che ci sia educazione e rispetto dei ruoli.
Tutto lo Staff lavora in questa direzione; è fantastico vedere una ragazza di 16 anni insegnare un gioco con le carte al nostro medico, che è tra l’altro professore universitario.
Se è vero che le vittorie più belle si costruiscono fuori dal campo, allora siamo sulla buona strada!
Un buon gruppo, un buon collettivo cosa deve e non deve avere?
La sicurezza nei propri mezzi, la consapevolezza che uniti si può raggiungere l’obbiettivo prefissato.
Non mi stancherò mai di ripeterlo alle ragazze della mia squadra; inutile preparare una competizione pensando già che ci sono squadre più forti; noi dobbiamo entrare in campo con la consapevolezza di potercela giocare contro tutte, poi al fischio finale, se le altre saranno state più forti, saremo i primi a complimentarci, ma sconfitti in partenza MAI.
Ciò malgrado questo approccio alla gara è uno dei maggiori problemi che abbiamo con le ragazze, un “tarlo” che ci portiamo dietro da anni in tutte le Nazionali, forse figlio di un sistema calcistico femminile che fatica a decollare.
Alle giocatrici della U17 dico sempre, prima di entrare in campo, che in tutta Italia ci sono centinaia di ragazze della loro età che per giocare a calcio fanno enormi sacrifici e che non hanno la loro stessa fortuna di essere in Nazionale: dare il massimo è un dovere.
Ci sono regole di comportamento e di disciplina che devono essere rispettati dal gruppo?
Lo sport è disciplina e senza regole non si diventa atleti.
Regole di vita quotidiana, dall’alimentazione alla cura del proprio corpo.
Allenarsi per il proprio bene e non perché qualcuno ce lo impone, questo è il messaggio che i giovani atleti/e devono capire e metabolizzare.
Un calciatore che indossa la maglia Azzurra dell’U17 maschile respira già aria di professionismo all’interno della società d’appartenenza e comunque, sia lui che la famiglia, hanno un’idea comune su quello che dovrà essere il calcio nel suo futuro.
Siamo d’accordo nell’affermare che non sempre questo è corretto, infatti, i giovani possono andare incontro a false illusioni o inganni da parte di persone che circondano questo ambiente.
Di positivo c’è che gli atleti sono seguiti, nelle rispettive società, da Staff Tecnici professionisti che vigilano sulla loro crescita sportiva, equipe sanitarie di tutto rispetto che non lasciano nulla al caso e da dirigenti qualificati.
Il pianeta “calcio femminile” è da questo punto di vista in un’altra “galassia” e considerata come tale, il mondo del calcio si relaziona con le ragazze in modo molto diverso.
Tante ragazze che arrivano in U17 ignorano che fare sport voglia dire rispettare determinate regole di comportamento, ma tanta è la loro volontà che basta poco per far girare il tutto nel migliore dei modi.
Forse tra qualche anno anche in Italia il calcio femminile avrà il giusto riconoscimento che merita come in tanti altri paesi, nel mentre godiamoci la professionalità e la serietà che ci mettono le nostre atlete per competere in campo internazionale.
L’ALLENATORE, L’ALLENAMENTO, LA GARA.
Come organizza generalmente il lavoro da svolgere in un ritiro di tre, cinque o più giorni?
La maggior parte dei raduni si svolgono dal Lunedì mattina al Mercoledì dopo pranzo ed include quattro sedute d’allenamento.
A volte cerchiamo di sfruttare anche il Lunedì mattina per lavorare in campo ma questo comporta che le ragazze debbano presentarsi in ritiro la Domenica sera con tutte le difficoltà annesse per quelle che giocano nel pomeriggio.
Non che la situazione migliori quando le ragazze si presentano in ritiro il Lunedì mattina dato che molte di loro partono all’alba per raggiungere il luogo d’appuntamento.
Anche per questo nell’allenamento del Lunedì pomeriggio preferiamo lavorare sulla tecnica di base e la tattica individuale, cercando di tenere basso il ritmo e soffermandoci sui principi basilari legati al tempo e allo spazio, i parametri fondamentali del calcio.
Al termine della seduta c’incontriamo con la squadra per parlare degli aspetti tattici su cui dobbiamo lavorare il giorno successivo e correggere insieme gli errori commessi nell’eventuale gara giocata nel raduno precedente.
Il Martedì mattina lavoriamo sulla fase di non possesso palla, prima a reparti e poi collettiva, dedicando maggior tempo al reparto difensivo ed al perfezionamento degli automatismi fondamentali per l’equilibrio del nostro gioco.
Il pomeriggio è dedicato alla fase di possesso attraverso esercitazioni di 11>0, situazioni d’attacco con cross e tiro in porta e partita a tema in chiusura.
Prima di cena le ragazze sono in riunione con lo Staff Medico, sempre attento ad aggiornare la loro cartella clinica e monitorare lo stato di forma.
I temi più gettonati, neanche a dirlo, sono quelli inerenti il recupero post infortunio e l’alimentazione, temi nei quali regna la disinformazione totale.
Per concludere, il Mercoledì mattina si gioca una partita amichevole 11>11 in famiglia o con squadre locali.
Naturalmente durante stage così brevi i carichi di lavoro fisico non vengono presi in considerazione; riteniamo più utile lavorare sulla velocità d’esecuzione e sul ritmo gara, limitandoci a svolgere per lo specifico esercizi di coordinazione e rapidità.
Quali le principali difficoltà che si riscontrano nel lavorare con un gruppo solo saltuariamente?
Se una volta i famigerati “tre giorni” al mese di raduno potevano bastare per preparare l’attività non ufficiale dell’U17, oggi questo non è più possibile.
Il livello tecnico-tattico in campo internazionale cresce costantemente e le quatro sedute dall’allenamento mensili in Azzurro non bastano più per preparare competizioni ufficiali.
Per ovviare a queste problematiche molte Federazioni europee, la Francia in primis, seguita da Svizzera ed Olanda, hanno sviluppato con le squadre U17 e U19 un programma annuale di preparazione in cui i team vengono gestiti come un club professionistico privato.
Lo stile “college americano”, così viene comunemente chiamato, prevede che le ragazze selezionate vivano tutta la settimana insieme in un centro tecnico; la mattina si recano ognuna nella scuola prescelta ed il pomeriggio si allenano con lo Staff e studiano con dei tutor messi a disposizione.
Il fine settimana ritornano a casa e ognuna gioca con la propria squadra di club.
Non so se, per cultura e mentalità, potrebbe essere utile anche in Italia sviluppare un progetto del genere, fatto sta che i risultati sono il primo mezzo di pubblicità per far conoscere uno sport che in molti paesi, tra cui il nostro, non è ancora accettato.
Le ragazze francesi dell’U19 nel 2004 hanno vinto i Campionati Europei di categoria e ad oggi le squadre transalpine esprimono il miglior calcio del panorama femminile; la pallavolo italiana, che pratica nelle Nazionali giovanili questo metodo, lo ha dimostrato con i grandi successi conseguiti in questi anni.
Come sono gestite, dal punto di vista preparatorio, le ultime ore che precedono l’incontro?
Una gara con la maglia Azzurra non è mai uguale all’altra, è un concentrato di emozioni e tensioni irripetibili.
Impossibile non trovare le giuste motivazioni nel momento in cui, entrando in campo e ascoltando l’inno di Mameli, capisci che stai rappresentando la tua Nazione.
Il rovescio della medaglia sta nella capacità di gestire la tensione e lo stress pre-gara che rischia di annebbiare la mente e bloccare le gambe.
Per questo bisogna cercare di preparare la partita senza ulteriori pressioni, analizzare i vari aspetti tattici e curare i particolari che fanno la differenza nel calcio moderno come le palle inattive.
Quando si gioca una partita ufficiale gli orari della partenza ed arrivo allo stadio vengono dettati dagli organizzatori e quindi inopinabili; da questi lo Staff Medico costruisce il percorso alimentare d’avvicinamento alla gara, fondamentale per rilasciare le energie al momento giusto e garantire una buona prestazione atletica.
Durante i gironi di qualificazione ai Campionati Europei si giocano tre gare in una settimana, altamente dispendiose.
Fondamentali in questa fase risultano medico, fisioterapista e preparatore atletico che lavorano ininterrottamente sulla fase di recupero.
Quando è comunicata la formazione che scende in campo (ultimo allenamento, durante i trasferimenti, prima della gara)?
La formazione viene comunicata il giorno della partita durante la riunione tecnica.
Il motivo è che nel corso della riunione, oltre alla formazione, vengono rivisti insieme tutti i compiti che ogni giocatrice dovrà assolvere durante la gara.
Nulla viene lasciato al caso, dalla rimessa laterale agli schemi di calcio d’angolo.
Come dico sempre alle ragazze: la differenza in una gara è fatta dai particolari.
Serve da parte loro una grande concentrazione e capacità d’adattamento ad ogni singola situazione.
Giocare a calcio è divertimento, vincere divertendosi è il nostro primo obiettivo!
Team Allenatore.net – Bonacini Roberto – www.allenatore.net