BELLOLI, ATTENTO: ALTRIMENTI CI ARRABBIAMO
- alice.zangrandi
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La goccia ha fatto traboccare il vaso. Quello del calcio femminile era un vaso già da tempo pieno d'acqua, acqua sporca, quell'acqua che le mamme dicono ai bambini di non bere perché fa venire il mal di pancia.
Un vaso che nel tempo si è riempito di figuracce (solamente per citarne una: la festa scudetto dell’Acf Brescia rinviata perché il trofeo è arrivato in città rotto), di disinteresse, di pregiudizi.
Ed è forse il pregiudizio ad aver riempito la metà di quel vaso.
Il pregiudizio che demolisce gli sforzi e l' umiltà di chi durante la settimana trova la passione e la determinazione di allenarsi tra una lezione universitaria e un turno di lavoro, magari cambiato con un collega per non arrivare tardi al campo.
Il pregiudizio per cui una ragazza, se gioca a calcio è omosessuale, è un maschiaccio, ha qualcosa da "nascondere".
Che questo pregiudizio possa arrivare da un bar di paese, tra una partita a briscola e un bicchiere di vino bianco, lo posso ancora capire; sia chiaro, nè lo giustifico nè lo condivido, ma in fondo lo posso ancora ancora capire.
È intollerabile invece che un presidente di Lega si spinga a tanto.
Quell'autorità che dovrebbe garantire il rispetto reciproco, la convivenza tra le diversità, cade nel più becero dei pregiudizi.
Le parole dette da Belloli vanno al di là del fatto che il calcio femminile soffra di poca visibilità e di mancanza di fondi. Va al di là perché, come accade troppo spesso, una persona viene giudicata per una parte privata della propria vita.
Il problema, allora, non è più solamente di tipo sportivo, ma umano; non si parla più solamente di assenza di fondi ma si va oltre. Si entra nell'intimo di chi calpesta l'erba di un campo e che su quel campo vorrebbe solamente far parlare i propri piedi.
Qui allora si deve fare un passo indietro, si deve ricominciare dal rispetto umano, dal rispetto della persona in quanto tale. Se non si ha una base solida come questa, come si può parlare di professionismo del calcio femminile, di visibilità televisiva della serie A?
C'è l'esigenza di un presidente (o di una presidentessa) che valorizzi il calcio femminile e ne alzi il livello, fino a farlo arrivare agli standard europei e che lo porti pian piano nelle case di tutti.
Ma c'è in primis l' esigenza di una figura che rispetti la giocatrice in quanto donna, bianca o nera che sia, eterosessuale o "lesbica".
E poi, Belloli, le donne si sa, è meglio non farle arrabbiare, perché non andranno sotto la curva a trattare con gli ultras ma insieme sono in grado di far spostare una finale di coppa Italia.
Alice Zangrandi