BEST WOMEN'S PLAYER IN EUROPE, ECCO I PROFILI DELLE MAGNIFICHE 11
- Walter Pettinati
- goldengirls
- UEFA BEST WOMEN'S PLAYER
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Undici nomi di lusso, undici calciatrici fenomenali, con mezzi atletici e tecnici da far invidia ai colleghi maschietti: sono le candidate al Best Women's Player in Europe, una sorta di Pallone d'Oro europeo che l'anno scorso è andato a Nadine Angerer, portierone ora in forza ai Portland Thorns.
Il 14 agosto sarà svelato, in ordine sparso e sulla base delle preferenze dei giornalisti selezionati da ESM, il podio che presenzierà alla cerimonia del 28 agosto a Montecarlo, dove verrà finalmente premiata la migliore giocatrice del vecchio continente.
Andiamo ora a vedere i profili di queste undici stelle del pallone europeo, avventurandoci, se non in un pronostico, quantomeno in un sommario stabilire chi sono le favorite, consci che spesso le previsioni della viglia vengono poi disattese.
Azzardiamo a dire che due delle tre finaliste potrebbero appartenere alla squadra vincitrice della Champions, competizione che, da prassi, assicura un biglietto da visita non indifferente. Un po' come accade nel maschile, dove statisticamente lo stesso Pallone d'Oro viene quasi sempre assegnato ad un finalista della ex Coppa dei Campioni. Non a caso delle undici candidate ben cinque figurano nella rosa del Wolfsburg e quattro vestono la maglia delle finaliste del Tyreso.
Ma partiamo dalle due “outsider”. Anche se, dati alla mano, chiamare così la Ibrahimovic del calcio femminile fa un certo effetto: Carlotta Schelin, trent'anni, probabilmente non si porterà a casa il titolo di calciatrice più forte d'Europa, ma di riconoscimenti in carriera ne ha avuti eccome. Dieci anni al Goteborg con una media gol da far invidia ai bomber del “sesso forte”, poi l'approdo in Francia e la consacrazione, dentro e fuori i confini transalpini. E pensare che neanche avrebbe dovuto diventare una calciatrice. A 16 anni, infatti, dopo averle diagnosticato seri problemi alla colonna vertebrale, i medici la misero in guardia, intimandole di dedicarsi a pratiche meno traumatiche per il fisico. L'ebbe vinta lei, a suon di allenamenti e fisioterapia. Già da allora si vide di che pasta era fatta, e di lì a poco se ne sarebbe accorto l'intero mondo del pallone in rosa.
Dalla “Ibrahimovic” del Lione passiamo a Lena Lotzen, che dice di ispirarsi a Schweinsteiger, ma a noi ricorda più un Michael Ballack spostato più in prossimità della porta. Un Toni Kroos, per rimanere in tempi recenti. La potenza e l'atletismo tipico dei tedeschi in lei si fondono con una tecnica tutta in stile verdeoro. Corre, inventa, dribbla, segna di destro e di sinistro, piede di una classe sopraffina. Ha vinto tutto con la nazionale tedesca nelle categorie under, e nella maggiore vanta già una ventina di presenze. Ah, ha solo vent'anni. Non ce lo dice la sfera di cristallo ma prevedere certe cose non è difficile: la Lotzen ha davanti a sé la strada spianata per il successo, ma anche per lei l'appuntamento con Montecarlo sarà rimandato. Solo di qualche anno.
Passiamo ora alle protagoniste della finale da cardiopalma di Lisbona, terminata con un rocambolesco 4-3 in favore delle biancoverdi del Wolfsburg, riuscite così a bissare il successo dello scorso anno. Partiamo però dalla favorita fra le sconfitte del Tyreso: la brasiliana Marta, già quattro volte Pallone d'Oro. Per lei spendere parole sarebbe finanche superfluo. In patria la chiamano “la cugina di Pelè”, e tanto basta. A ventotto anni si potrebbe dire che, premi individuali a parte, Marta ha collezionato meno titoli di quanto potenzialmente avrebbe potuto. Ma c'è sempre tempo, e già dal 28 agosto potrebbe dover aggiungere un trofeo alla sua ricca bacheca, in attesa di vincere un titolo internazionale, come quella Champions clamorosamente sfuggitale dalle mani lo scorso 25 maggio.
Il terzo gol del Tyreso a Lisbona, dopo la doppietta della brasiliana, è stato messo a segno dalla spagnola Veronica Boquete. L'attaccante ventisettenne di Santiago di Compostela, che ha recentemente preso la strada di Portland, sponda Thorns, ci ha messo appena una settimana per far sì che anche oltreoceano riconoscessero il suo valore, aggiudicandosi subito la targa di giocatrice del mese. Difficile che vinca, ma segnare sei gol in Coppa Campioni non è esattamente da tutti.
Come non è da tutti fare una carriera al livello di Caroline Seger, faro e co-capitano della nazionale di Pia Sundhage, miglior centrocampista scandinavo, capace di vincere con tre squadre diverse il titolo svedese. Quel che tocca diventa oro. O almeno così spera lo sceicco Al-Khelaifi, che l'ha portata all'ombra della Torre Eiffel, col preciso obiettivo di vincere la Premier Division ed interrompere lo strapotere del Lione.
Chi ha dato una gran delusione ai supporters francesi del PSG è stata Christen Press, la californiana attaccante del Tyreso autrice della doppietta che ha condannato le parigine all'eliminazione dagli ottavi di Champions. Nativa della città degli angeli, Christen è la top scorer all-time dell'Università di Stanford. Colleziona reti con una facilità impressionante, complici una furbizia e scaltrezza che le permettono di arrivare sul pallone una frazione di secondo prima del difensore. Ma nel vecchio continente concretamente ha vinto ben poco, complice anche l'esiguo tempo spesoci: una Coppa di Svezia col Gotenborg ai danni del Tyreso ed uno scudetto proprio con queste ultime. E' una giocatrice appariscente, che sa farsi notare. Ma impressionare non è abbastanza, specie se lo si fa da poco tempo. Non è di certo la favorita, ma lei, la Morgan e compagnia bella formeranno un tandem da metter paura a chiunque in divisa stelle e strisce.
Ed eccoci giunti alle vincitrici della Coppa che, in quanto tali, attirano i favori della vigilia, posizionandosi qualche metro avanti sulla linea di partenza.
Cominciamo con Nilla Fischer, il mastino dai piedi buoni della difesa del Wolfsburg. La centrale svedese, versatile al punto di poter essere schierata da incontrista sulla linea di centrocampo, ha esordito giovanissima in nazionale, diventandone una delle colonne portanti. Dopo una carriera passata al Malmo, con cifre realizzative sbalorditive per una giocatrice del suo ruolo, la Fischer ha ceduto alle lusinghe del Wolfsburg, centrando il double scudetto e Champions al primo anno. Non male.
Stesso il percorso di Lena Goessling, per cinque anni punto fermo del Bad Nauhenar ed ora da due titolare irremovibile del team Campione d'Europa. Centrocampista centrale, muro e filtro di un gruppo capace di conoscersi ormai a memoria, in molti la ricorderanno per la staffilata dai 35 metri all'incrocio dei pali che a pochi minuti dal triplice fischio tagliò le gambe al Rossiyanka.
Fa, spesso in sordina, un gran lavoro in mezzo al campo, laddove i riflettori sono tutti per quella che, in patria e fuori, viene considerata la miglior centrocampista del campo: capitan Nadine Kessler, eletta MVP della finale di Lisbona, per usare un linguaggio cestistico. Ventotto anni e classe da vendere, la Kessler vanta nel proprio prestigioso palmarès tre Bundesliga e tre Champions, oltre all'Europeo conquistato con la sua Germania lo scorso anno. Ma vanta soprattutto un carattere da vero top player, di quelli che hanno decisamente varcato la non sottilissima linea fra buon giocatore e campione. A Lisbona, dopo l'intervallo, è rientrata in campo battendo le mani e cercando lo sguardo delle compagne. Non è difficile immaginarla nello spogliatoio a spronare la squadra dopo la batosta di incassare tre gol nella prima frazione della finale. Sa inventare, vedere corridoi laddove giocatrici normali non scorgerebbero altro che il buio. E' una specie di Pirlo al femminile, con una falcata elegante, una di quelle che sa sempre cosa fare e fa sempre la cosa giusta, in aggiunta ad uno spiccato senso dell'ubiquità che la fa sembrare presente in ogni angolo del campo. E in tutto questo garantisce di media un gol ogni due partite. E' lei la favorita a succedere a Nadine Angerer sul trono d'Europa. Il nome è lo stesso, la nazionalità anche. Staremo a vedere.
Infine, last but not least, le due marcatrici della finale, il tandem offensivo del Wolfsburg, una macchina da gol che ha fatto le fortune della squadra tedesca: Alexandra Popp e Martina Muller.
La bionda classe 1991, cresciuta allenandosi con i maschietti dello Schalke 04 in quel di Gelsenchirken, ha conquistato quattro anni fa il mondiale under 20 da protagonista, vincendo la classifica marcatori ed il premio di miglior giocatore del torneo. “Poppi”, come l'hanno affettuosamente soprannominata i tifosi biancoverdi, è dotata di un mancino potentissimo che lascia poco tempo di reazione ai portieri avversari, e di una rapidità ed una forza fisica altrettanto rimarchevoli, frutto di tanta gavetta fatta al passo con i ragazzi. In lei, in Lena Lotzen ed in una “cantera” home-made che, da sola, formerebbe un undici capace di mettere in difficoltà qualsiasi squadra, s'intravede come il progetto di crescita promosso dalla Federazione Tedesca abbia incluso il settore femminile di pari passo al maschile. E se Joachim Loew può crogiolarsi nella giovane età dei vari Kroos, Reus e Gotze, altrettanto tranquilli possono stare i selezionatori delle squadre femminili.
Chiudiamo con Martina Muller, la bomber d'esperienza della squadra. Dei suoi trentatré anni nove ne ha passati al Wolfsburg, lasciando il segno 111 volte in 168 incontri. Un gol in particolare è stato uno spartiacque per il calcio europeo, ossia il rigore segnato della finale di Coppa del 2013, nel meraviglioso palcoscenico di Stamford Bridge, che spezzò il dominio del Lione imbattuto in Francia ed in Europa da oltre cento partite. Significò anche prima Champions per il Wolfsburg, cui la Muller ne avrebbe regalata, solo dodici mesi dopo, un'altra, grazie ad una strepitosa doppietta. E' una dei pochissimi atleti, considerando uomini e donne, a vantare il poker di due Mondiali e due Europei conquistati con la sua Germania.
La palla passa ora ai giurati che a Montecarlo avranno l'arduo compito di indicare la più meritevole di questo undici stellare. Ma al di là di chi uscirà con la targa di vincitrice, un dato riluce prepotentemente: i paesi che credono nei giovani, i paesi che investono nel calcio, i paesi che danno fiducia alla sempre negletta (nel Belpaese...) categoria del femminile sono i paesi che vincono, che ottengono premi, soddisfazioni e gratificazioni. Che ci serva da lezione... E che vinca la migliore!
Alessandra Esperide
(calciodonne.it)