Il mondiale di Francia ha dimostrato la sempre più evidente crescita del calcio femminile, ciò nonostante sono ancora molte le differenze normative con il calcio maschile.
Le ragazze di Milena Bertolini hanno ben figurato al mondiale e hanno fatto sognare una nazione intera, o perlomeno tutti i followers del settore: proprio per le ottime prestazioni delle giocatrici italiane, in estate è cresciuto sempre di più l’interesse delle squadre europee nei confronti delle azzurre.
Nel caso in cui una giocatrice italiana fosse stata acquistata da un club straniero però, le squadre italiane che hanno formato calcisticamente la giocatrice, non avrebbero avuto diritto a percepire nessun tipo di compenso economico, oltre al prezzo del trasferimento.
Quanto appena esposto è il chiamato “training compensation”, stabilito dall’art. 20 del “Regulations On the Status and Transfer of Players” (d’ora in avanti RSTP) della FIFA: in base a questo sistema, le squadre che hanno partecipato alla formazione calcistica di un giocatore dall’età di dodici anni in poi, dovranno dividersi una percentuale del prezzo pagato dal club acquirente per il trasferimento internazionale quando avviene entro i ventitré anni del giocatore.
Negli ultimi trasferimenti internazionali, l’Ajax con Mattijs De Ligt, il Porto e il Benfica per João Felix, si sono divise 630.000 €.
A ciò si aggiunge anche il “solidarity mechanism”, che prevede il versamento di un’indennità proporzionale agli anni di allenamento nei clubs di formazione calcistica, fino al termine della carriera del giocatore: il Santos per il passaggio di Neymar dal Barcellona al Paris Saint Germain ricevette 9 milioni di indennità.
Questo sistema di indennizzi calcistici venne approvato dalla FIFA, dalla UEFA e dall’Unione Europea che nel 2001, accordarono l’istituzione dei citati meccanismi, anche per favorire lo sviluppo dei clubs minori o amatoriali[1].
Quanto sopra però non si applica al calcio femminile: l’origine che ha determinato questa distinzione si può identificare nella controversia tra lo WFC Spartak Subotica e il FC Barcelona a causa del trasferimento internazionale della giocatrice Jelena Čanković, centrocampista serba, passata ai blaugrana nell’estate del 2013.
Come previsto dalle norme FIFA del RSTP, il club serbo richiese al Barcellona 225.000 € in concetto di training compensation, riscontrando l’opposizione dei catalani.
Di conseguenza, il 23 maggio 2014 lo Spartak Subotica contattò la FIFA per richiedere ufficialmente la propria indennità di formazione e la FIFA invitò il Barcellona a pagare la cifra richiesta entro il 20 gennaio 2015.
Il 10 gennaio 2015 il Barcellona rispose ufficialmente che, a loro avviso, il training compensation non si applicava al calcio femminile, così la squadra serba decise di adire i tribunali della FIFA, dove tutto prese una piega inaspettata.
Il 5 novembre 2015 infatti, la Dispute Resolutions Chamber, tribunale della FIFA di primo grado, accolse le motivazioni del Barcellona, condannando lo Spartak Subotica anche alle spese processuali che ascendevano a 40.000 €: lo Spartak non si arrese, impugnò la decisione della FIFA e fece appello al Tribunal Arbitral du Sport (TAS), che avrebbe deciso, in ultima istanza, a Losanna.
Difronte al TAS lo Spartak Subotica sosteneva che la versione del 2012 del RSTP stabilisse nel proprio incipit, che le disposizioni dello stesso si applicavano ad entrambi i generi (“Terms referring to natural persons are applicable to both genders. Any term in the singular applies to the plural and vice-versa”): inoltre l’allora art.20 del RSTP, in termini di indennità, si riferiva genericamente a “player”, non stabilendo una specifica distinzione tra calcio maschile e femminile.
Lo Spartak Subotica inoltre manifestò nel suo appello che i costi di formazione sono gli stessi per i giocatori come per le giocatrici: nel caso dello Spartak, così come per molte altre società in tutta Europa, le squadre maschili e femminili si allenano nello stesso centro sportivo, hanno gli stessi costi per attrezzature, vitto, spese di trasporto, assicurazione e spese di manutenzione dello stadio.
Il TAS considerò che la somma richiesta dallo Spartak fosse corretta in base a quanto stabilito dalle norme del RSTP della FIFA e che tutte le altre motivazioni dello Spartak fossero fondate in diritto. Inoltre il TAS riconobbe espressamente l’assenza di qualsiasi distinzione tra calcio maschile e femminile nei Regolamenti FIFA, cambiati solo sensibilmente dal 2012 ad oggi, e nello Statuto FIFA il cui art.4 è diretto ad evitare qualsiasi tipo di discriminazione[2].
Infine il TAS arrivò a richiedere agli spagnoli anche quanto fosse giusto pagare a loro avviso, ma, non percependo l’assist per un accordo tra le parti, il Barcellona rispose che la somma appropriata fosse zero euro: “In its reply by letter to the CAS dated 19 August 2016, the Respondent in its answers to those questions reiterated that it did not accept that is was bound to pay any training compensation to the Appellant at all and that the amount was therefore zero”.
In conclusione, con la sentenza 2016/A/4598 del 21 giugno 2017, il TAS condannò il Barcellona a pagare i 225.000 € richiesti per il trasferimento della giocatrice serba che rimase in Catalogna sono per una stagione. Come detto, tale caso rappresentò l’inizio della fine: infatti con la circolare n.1603 del 24 novembre 2017[3], la FIFA stabilì l’abolizione del meccanismo di indennità per il calcio femminile, a partire dal 1 gennaio 2018: “In onore della trasparenza e della sicurezza giuridica, l’art. 20 del Regolamento specifica espressamente che i principi dell’indennità di formazione non si applicano al calcio femminile”, arrivando anche a riconoscere che tali indennità rappresentano un ostacolo per lo crescita del settore femminile.
Invece di abolire tutto il sistema, non sarebbe stato così negativo rendere le indennità di formazione proporzionali ai salari delle giocatrici e alle possibilità economiche dei clubs, favorendo ulteriormente la crescita economica e strutturale dei clubs minori, fondamentali per lo sviluppo complessivo del settore quanto, e forse anche più, dei grandi clubs.
Silvio Bogliari
[1] Bruxelles, 5 marzo 2001, Discussione tra la Commissione Europea e FIFA/UEFA: “Creazione di meccanismi di solidarietà che permettano di ridistribuire una considerevole parte delle entrate alle società che si occupano della formazione e dell’istruzione dei calciatori, comprese le società amatoriali”, in https://europa.eu/rapid/press-release_IP-01-314_it.htm
[2] Art. 4 Non-discrimination, equality and neutrality: “Discrimination of any kind against a country, private person or group of people on account of race, skin colour, ethnic, national or social origin, gender, disability, language, religion, political opinion or any other opinion, wealth, birth or any other status, sexual orientation or any other reason is strictly prohibited and punishable by suspension or expulsion”.