La Juventus ci nega l'accredito stampa
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Non importa se siamo una testata giornalistica iscritta al tribunale di Firenze con direttore Giancarlo Padovan e che i nostri inviati siano due praticanti, attestati da un corso specializzato con le radio cronache e tanta esperienza nel settore, presso la nostra testata. La Signora Cristina, responsabile degli accrediti stampa è stata inflessibile: i suoi inviati senza tesserino di giornalista non entrano!
Così, salta la radio cronaca e il consueto articolo del nostro Mario Merati, impossibilitato a fare le interviste post gara.
In termini di regolamento niente da eccepire
Le normative in materia sono chiare e vanno rispettate. Poco importa se calciodonne.it è una testata accreditata dalla UEFA, se siamo stati la testata ufficiale della comunicazione della finale di Champions League di Reggio Emilia e i nostri collaboratori volontari erano accreditati dalla stessa UEFA o che abbiamo rappresentato il calcio femminile italiano nella giuria Uefa della calciatrice piu forte d'EUROPA negli ultimi 4 anni.
La signora Cristina, durante la telefonata registrata, ha chiesto anche di vedere il tesserino del nostro direttore Giancarlo Padovan e mi scuso con lei, se, almeno, su questa sciocca e superficiale richiesta mi sono lasciato andare ad una risata. Sicuramente se la signora ricopre questo incarico avrà le sue competenze.
Il regolamento vuole che la richiesta di accredito stampa sia presentata da una testata giornalistica registrata al tribunale (noi lo siamo), che ci sia un direttore giornalista (lo abbiamo) ma vuole anche che le persone da accreditare siano almeno pubblicisti (i nostri due inviati sono praticanti).
E' vero che l'ordine dei giornalisti offre la formula del praticantato ma è anche vero che tale sistema è soggetto a regole, seppur giuste, molto ferree come l'assunzione (contratto di lavoro) dell'aspirante pubblicista, al quale viene rilasciato un tesserino apposito.
Sotto l'aspetto legislativo nessuna deludente sorpresa, sotto l'aspetto morale mi ha infastidito lo spocchioso modo che ha avuto la mia interlocutrice. Ma va bene così, se questo è il prezzo da pagare per lo sviluppo del movimento, io mi metto da parte.
Sapevo che questo pericolo si sarebbe presentato, ma non pensavo così presto e soprattutto senza avere il tempo per formare i nostri collaboratori.
Un peso e due misure
Con l'avvento dei club professionistici il calcio femminile è entrato nella fase di sviluppo, ma le calciatrici sono ancora dilettanti e lo saranno ancora per qualche anno; così come sono dilettanti i nostri inviati.
Le società professionistiche, in quanto tali, dovrebbero organizzare un campionato professionistico, dove le calciatrici dovrebbero essere inquadrate come dipendenti, con tanto di busta paga integrata con tutti i benefici che gode un lavoratore, ma questo, al momento, non è avvenuto (abuso?).
La botte piena e la moglie ubriaca
Alla Juve... le calciatrici dilettanti le vanno bene, i giornalisti dilettanti invece no.
E qui vedo una sorta di ingiustizia.
Con le loro ragazze si sono presi tutto il tempo necessario per far crescere la loro attività e vedere se ne esce un business mentre alla nostra testata e ai nostri inviati non viene concesso proprio nulla.
Professionisti a comodo loro.
Naturalmente ho già inoltrato un esposto alla UEFA, dove ho spiegato le sopra citate perplessità, indicando nella Juventus Women la società che per prima ci vieta l'accredito e con esso la possibilità di svolgere il nostro servizio per gli sportivi.
Ho evitato di chiamare Braghin, responsabile della società, perchè credo che le regole vadano rispettate e soprattutto perchè combatto da sempre le ingiustizie e le facilitazioni che vanno spesso a discapito del merito.
"tutto il calcio donne minuto per minuto"
Non avendo l'accredito, non potremmo realizzare la radio app trasmissione "tutto il calcio donne minuto per minuto" prima ancora di mandare la richiesta di patrocinio alla FIGC e questo fatto ci mette di fronte ad una facile scelta obbligata.
Si conclude così, dopo 22 anni di sostegno al calcio femminile, dopo tante battaglie per portare il movimento in FIGC con le società professionistiche, il volontariato della nostra testata giornalistica grazie alla società Juventus Women che preferisce la inesistenza diffusione dei grandi media a chi ha speso una vita per portare il calcio femminile a questo storico punto di partenza.
La passione deve finire la dove inizia il business, dove ci sono persone che si sono autoelette professioniste e guardano gli altri dall'alto. Gente che non sa cosa vuol dire fare sport, che sta mandando in rovina lo sport maschile.
Rispondo anche a chi ci ha dato del dilettante: io il professionismo me lo sono guadagnando a suon di vittorie lungo le strade del Mondo, senza doping, con la mia testa, il mio cuore e le mie gambe e grazie ad una grande famiglia che mi ha sempre sostenuto e mi ha fatto diventare una persona, umile, onesta e rispettosa. Non sono diventato professionista con i soldi degli Agnelli o i Della Valle.
Da parte mia nessun rimpianto, se tornassi indietro rifarei tutto ciò che ho fatto.
Seguire per tanti anni il calcio femminile sul campo e dopo con il sito web mi ha dato molto e le gratificazioni acquisite sono state tantissime.
Pensavo che si volesse la crescita simultanea del movimento, delle calciatrici e dei giornalisti dilettanti. Ma così non è e non mi va di sentirmi un dilettante allo sbaraglio di fronte a questo tipo di "professionisti".
Andare avanti così, almeno per me, non ha alcun senso. Avanti a chi tocca...
Walter Pettinati